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La valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro ha un’importanza fondamentale tra le misure generali di tutela, e costituisce la base su cui poggia l’intero sistema di prevenzione. Essa, infatti, rappresenta lo strumento fondamentale che permette al Datore di Lavoro di individuare tutti i rischi presenti nella propria attività e di predisporre (verificandone anche l’efficacia e l’efficienza) tutte le misure tecniche e organizzative volte a ridurre al minimo i rischi in modo da prevenire possibili infortuni sul lavoro.
A tale scopo, il D.lgs. 81/08 e s.m.i., detto anche “Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavorolegifera in modo chiaro e preciso e, negli artt. 28 e 29, descrive come procedere per garantire una corretta valutazione dei rischi presenti sul luogo di lavoro, anche sulla base degli aspetti tipici dell’attività lavorativa in questione, e determina anche chi, come e quando deve essere redatto il Documento di valutazione dei rischi, quali figure lavorative ne sono responsabili e cosa deve essere inserito nel documento al fine di risultare esattamente in regola con la normativa

Che cosa contiene il Documento di Valutazione dei Rischi

Il Documento di Valutazione dei Rischi deve riportare una valutazione dettagliata (anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro) di TUTTI I RISCHI per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato e quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi. Inoltre esso deve contenere:

  • l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati;
  • il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
  • l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
  • l’indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
  • l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici e che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.

Il Documento di Valutazione dei Rischi, inoltre, deve avere DATA CERTA. I principali metodi di ottenimento della certezza della data sono:

  • Autopresentazione presso uffici postali;
  • Posta elettronica certificata (PEC);
  • Marca temporale;
  • Firma contestuale di tutti i soggetti che hanno partecipato alla stesura del documento (Datore di Lavoro, R.S.P.P., R.L.S. e Medico Competente).

I nostri Documenti di Valutazione dei Rischi

La Newbiz, tramite i suoi tecnici specializzati, effettuerà un sopralluogo nell’azienda del cliente nel corso del quale raccoglierà tutti i dati necessari (eventualmente anche attraverso strumenti di misura tipo fonometri, accelerometri, rilevatori di campi elettromagnetici, luxmetri, ecc.) per effettuare la valutazione dei rischi presenti sul luogo di lavoro e, conseguentemente, redigerà il relativo Documento di Valutazione dei Rischi (ai sensi del D.lgs. 81/08 e s.m.i.) in funzione dei dati rilevati.

Successivamente, gli stessi tecnici consegneranno al Datore di Lavoro il documento elaborato ed effettueranno sia la consulenza sugli obblighi normativi in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in riferimento all’attività dell’azienda, sia l’informazione prevista da contratto. Inoltre, qualora concordato, Newbiz si occuperà dell’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi e degli ulteriori adeguamenti da effettuarsi con l’evolversi della normativa tecnica di riferimento.

In particolare, in funzione del tipo di attività svolta dall’azienda, delle attrezzature utilizzate dai lavoratori e dei luoghi di lavoro frequentati dagli stessi, la Newbiz oltre a redigere il Documento di Valutazione dei Rischi Generici, provvederà alla redazione delle relazioni e delle analisi volte a valutare i Rischi Specifici (redatti in funzione della tipologia di attività aziendale, delle attrezzature da lavoro utilizzate e dei luoghi di lavoro frequentati). In particolare, con riferimento ai Rischi Generici e Specifici potranno essere redatti i seguenti documenti.

La Valutazione del Rischio Incendio

Il Decreto Ministeriale 10/03/1998 individua i criteri generali di sicurezza antincendio e di gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro. Esso stabilisce, in attuazione al disposto dell’art. 46 comma 3 del D.lgs. 81/08 e s.m.i., i criteri per la valutazione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro ed indica le misure di prevenzione e di protezione antincendio da adottare, al fine di ridurre l’insorgenza di un incendio e di limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi.

Pertanto, in tale documento VERRÀ’ VALUTATO IL LIVELLO DI RISCHIO DI INCENDIO del luogo di lavoro e, se del caso, di singole parti del luogo medesimo, classificando tale livello in una delle seguenti categorie, in conformità ai criteri di cui al D.P.R. 151/2011:
  • livello di rischio ELEVATO;
  • livello di rischio MEDIO;
  • livello di rischio BASSO.
In definitiva, tale documento è redatto per consentire al Datore di Lavoro di porre in atto i provvedimenti che sono effettivamente necessari per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori e delle altre persone presenti nel luogo di lavoro dal rischio incendio.

La valutazione del rischio terrà conto anche:

  • del tipo di attività;
  • delle attrezzature presenti nel luogo di lavoro e degli arredi;
  • delle caratteristiche costruttive del luogo di lavoro e dei materiali di rivestimento;
  • delle dimensioni del luogo di lavoro e del numero di persone presenti.

L’intero processo di valutazione è finalizzato al raggiungimento degli obiettivi primari di sicurezza
antincendio, in particolare:

  • minimizzare le possibili cause d’incendio;
  • garantire la stabilità delle strutture portanti in caso di incendio al fine di poter soccorrere le persone eventualmente presenti;
  • limitare la propagazione delle fiamme ad edifici e/o attività circostanti;
  • assicurare le caratteristiche di sicurezza agli impianti tecnici;
  • assicurare alla persone eventualmente presenti la possibilità di lasciare indenni i locali tecnici;
  • garantire la possibilità alle squadre di soccorso intervenute sull’incendio di operare in condizioni di sicurezza.

La Valutazione del Rischio Stress Lavoro-Correlato

L’attuale quadro normativo di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, costituito dal Decreto Legislativo 81/2008 e s.m.i., ha specificamente individuato lo “stress lavoro-correlato” come uno dei rischi oggetto, sia di valutazione, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004, puntualmente richiamato dal decreto stesso, sia di una conseguente adeguata gestione dello stesso. Dal 1 agosto 2010, infatti, in tutte le aziende il Datore di Lavoro è obbligato a valutare, secondo i contenuti dell’Accordo Interconfederale per il recepimento dell’Accordo Quadro Europeo sullo stress lavoro-correlato sopracitato, l’esposizione dei lavoratori a tale rischio e a stabilire, conseguentemente alla valutazione, anche le azioni di miglioramento pianificate per ridurlo. La proposta di metodo di valutazione del rischio stress lavoro-correlato si articola in quattro fasi principali:

  • Fase 1: Valutazione degli indicatori oggettivi di stress lavoro-correlato (compilazione della check-list degli indicatori aziendali, del contenuto del lavoro e del contesto del lavoro);
  • Fase 2: Identificazione della condizione di rischio (Basso, Medio, Alto);
  • Fase 3: Pianificazione delle azioni di miglioramento e assistenza alla loro implementazione, laddove necessario;
  • Fase 4: Valutazione soggettiva della percezione dello stress lavoro-correlato dei lavoratori, attraverso compilazione di questionari di percezione, analizzati in modo aggregato (FOCUS GROUP) obbligatoria solo per rischio alto.

Al termine della valutazione verranno predisposte anche le eventuali misure di tutela da adottare per prevenire il rischio stress lavoro-correlato che potranno, ad esempio, prevedere:

  • Misure di gestione e comunicazione, chiarendo, ad esempio, gli obiettivi aziendali ed il ruolo di ciascun lavoratore, ovvero assicurando un adeguato sostegno da parte della dirigenza ai singoli lavoratori ed ai gruppi, o conciliando responsabilità e potere di controllo sul lavoro o, infine, migliorando la gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro, le condizioni lavorative e l’ambiente di lavoro.
  • Formazione dei dirigenti e dei lavoratori per accrescere la loro consapevolezza e conoscenza dello stress, delle sue possibili cause e di come affrontarlo e/o adattarsi al cambiamento;
  • Informazione e consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti, secondo la legislazione europea e nazionale, gli accordi collettivi e la prassi.

La valutazione del rischio deve essere aggiornata con cadenza almeno biennale qualora l’analisi degli indicatori oggettivi sulla presenza di stress lavoro-correlato in azienda dia esito negativo (rischio basso) o con cadenza annuale se l’esito è positivo (rischio medio) al fine di monitorare l’andamento degli indicatori stessi. La valutazione va comunque aggiornata qualora avvengano mutamenti che potrebbero averla resa obsoleta o quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione.

La Valutazione del Rischio per Lavoratori Videoterminalisti (VDT)

Il rischio specifico deriva dall’utilizzo di attrezzature munite di un display e va valutato nel dettaglio nel caso in cui in azienda siano presenti lavoratori che utilizzano il VDT, in modo sistematico o abituale, per almeno 20 ore settimanali (art. 173 del D.lgs. 81/08 e s.m.i).
Il Datore di Lavoro è obbligato, ai sensi dell’art. 174 del D.lgs. 81/08 e s.m.i., ad analizzare i posti di lavoro con particolare riguardo ai rischi per la vista e per gli occhi, ai problemi legati alla postura e all’affaticamento fisico e mentale, alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale e a redigere un appropriato documento in cui individua le attività e le mansioni che espongono i lavoratori a tale rischio e tutte le misure adottate per ridurre al minimo il rischio stesso. Il Datore di Lavoro, inoltre, è obbligato ad effettuare il controllo sanitario dei lavoratori videoterminalisti a seguito del quale il Medico Competente redige un giudizio sull’idoneità del dipendente alla mansione e predispone la periodicità delle visite di controllo che, in particolare può essere:

  • biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età;
  • quinquennale negli altri casi;
  • secondo prescrizione del Medico Competente.

La Valutazione del Rischio da Esposizione ad Agenti Chimici Pericolosi

Il Datore di Lavoro è tenuto a determinare, preliminarmente, l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e a valutare i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti. Infatti, il Titolo IX Capo I del D.lgs. 81/08 detta i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dagli effetti degli agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o che siano il risultato di ogni attività lavorativa che comporti la loro presenza.

Se richiesto e ritenuto necessario, prima della stesura del documento, verranno effettuati campionamenti ambientali al fine di determinare la concentrazione massima di inquinanti aero-dispersi sul luogo di lavoro.

La valutazione dei rischi per la salute segue il modello universale della curva dose-risposta su cui possono essere stabiliti due livelli di soglia: il valore limite ed il livello di azione. Il primo indica il livello di esposizione che non deve essere superato; il secondo il livello a cui scatta l’obbligo di adottare misure di prevenzione specifiche (sorveglianza sanitaria, formazione, DPI, sistemi di prevenzione collettiva, ecc.), si tratta cioè di un livello a cui il lavoratore può essere esposto a condizione che vengano adottate le misure preventive. Nel caso del rischio chimico, il valore limite corrisponde ai valori limite ponderati per le singole sostanze, indicati dalle norme di legge o, in assenza di norme, dagli organismi scientifici; mentre il livello di azione corrisponde ad un livello genericamente definito “irrilevante per la salute” dal D.lgs. n. 81 del 9 aprile 2008 e s.m.i.

Generalmente, al di sopra del valore limite, la maggior parte dei lavoratori corre il rischio di ammalarsi; mentre tra il livello di azione ed il valore limite, verosimilmente, si possono ammalare solo i soggetti iper-suscettibili. Al di sotto del livello di azione, infine, l’esposizione è talmente bassa che nessun lavoratore (nemmeno uno iper-suscettibile) può ragionevolmente ammalarsi.

La Valutazione del Rischio da Esposizione ad Agenti Cancerogeni e Mutageni

l D.lgs. 81/08 all’Art. 236 del Titolo IX impone al Datore di Lavoro di effettuare una valutazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni (cioè sostanze particolarmente pericolose per la salute dei lavoratori in quanto possibili cause di tumori o di variazioni genetiche dannose) dei propri lavoratori e a redigere il relativo documento di valutazione dei rischi.

La valutazione su citata, e le relative misure di tutela, devono essere messe in atto dopo aver applicato in ordine gerarchico, e per quanto tecnicamente possibile, le misure previste dall’Art. 235 (sostituzione e riduzione), cioè:

  • eliminazione o sostituzione dell’ agente cancerogeno o mutageno;
  • lavorazione in sistema chiuso;
  • riduzione dell’esposizione al più basso valore possibile e comunque non superiori ai valori limite di esposizione individuati nell’Allegato XLIII.

La valutazione del rischio, prevista all’Art. 236, risulta essere una valutazione dell’esposizione al rischio residuo, i cui risultati devono essere riportati nel documento di valutazione dei rischi. In particolare la valutazione deve conformarsi all’analisi di alcuni parametri e deve tener conto di tutti i possibili modi d’esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo. I parametri della valutazione del rischio da tenere in considerazione sono principalmente i seguenti:

  • caratteristiche delle lavorazioni;
  • durata e frequenza;
  • quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati e della loro concentrazione;
  • capacità dell’agente di penetrare nell’organismo per le diverse vie di assorbimento in relazione al proprio stato di aggregazione.

Il riesame dei rischi derivanti dall’esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni deve essere effettuato in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.

La Valutazione del Rischio da Esposizione ad Amianto

L’amianto è un minerale, anzi un gruppo di minerali fibrosi non combustibili composti da silicato di calcio e magnesio. Le sue piccole e leggere fibre possono con grande facilità essere inalate senza essere arrestate dalle ciglia che ricoprono l’epitelio delle vie aeree. Di conseguenza si depositano nei bronchi e negli alveoli dei polmoni, per poi migrare verso la pleura, cioè la membrana che riveste esternamente i polmoni, danneggiando i tessuti.

La Legge del 27 marzo 1992 n°257 che proibisce l’estrazione, l’importazione e la lavorazione dell’amianto, e rende impossibile il suo uso dal 1992 in poi nell’edilizia, o nell’isolamento di un forno. Discorso analogo in tutte le rimanenti attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, un’esposizione ad amianto. Per esempio la manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti. Nonché bonifica delle aree interessate. Prima di intraprendere i lavori il Datore è obbligato (art. 249 del D.lgs. 81/08) a valutare i rischi dovuti alle fibre di amianto aero disperse, al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le misure preventive e protettive da attuare. In particolare la valutazione è preceduta da un’analisi preliminare volta a determinare l’eventuale presenza e lo stato di conservazione delle strutture o delle parti contenenti amianto susseguita, se necessario, da campionamenti volti a determinare il quantitativo di fibre di amianto disperse nel volume d’aria.

In ogni caso, il valore limite (art. 254 del D.lgs. 81/08) di esposizione per l’amianto è fissato a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono affinché nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto nell’aria superiore al valore limite. Al fine di garantire il rispetto del valore limite fissato all’Art. 254 e in funzione dei risultati della valutazione iniziale dei rischi il datore di lavoro effettua periodicamente la misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria del luogo di lavoro e riporta i risultati delle misure nel documento di valutazione dei rischi.

La Valutazione del Rischio da Esposizione ad Agenti Biologici

Il rischio deriva dall’esposizione più o meno continuativa ad agenti biologici e ad esso sono maggiormente esposti il personale medico, infermieristico ed ausiliario; tuttavia, il campo di applicazione del Titolo X del D.lgs. 81/08 comprende tutte le attività che possono comportare rischio di esposizione ad agenti biologici, sia quelle con uso deliberato di microrganismi che quelle con rischio potenziale di esposizione. Infatti il rischio è da prendere in considerazione sia per attività che espongono in modo diretto i lavoratori ad agenti biologici (passaggio diretto dell’agente infettivo dalla sorgente di contaminazione al soggetto suscettibile) sia per attività che espongono i lavoratori in modo indiretto ad agenti biologici (per mezzo di oggetti o materiali oppure artropodi che agiscono da intermediari tra la sorgente di contaminazione e la persona suscettibile). In ogni caso l’Art. 271 del D.lgs. 81/08 impone che sia il Datore di Lavoro a valutare il rischio derivante dall’esposizione ad agenti biologici attraverso la redazione del rispettivo documento di valutazione per la cui stesura deve prendere in considerazione anche:

  • la classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’ALLEGATO XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’articolo 268, commi 1 e 2;
  • l’informazione sulle malattie che possono essere contratte;
  • i potenziali effetti allergici e tossici;
  • la conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta;
  • le eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio;
  • il sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.

Tale documento dovrà inoltre contenere:

  • le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
  • il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla precedente punto;
  • le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
  • i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive applicate;
  • il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.

Il riesame dei rischi derivanti dall’esposizione ad agenti biologici deve essere effettuato in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.

La Valutazione del Rischio da Esposizione a Rumore

Il rischio rumore fa parte della categoria dei rischi derivanti dalla esposizione ad agenti fisici. L’articolo a cui occorre fare riferimento è l’art. 180 del D.lgs. 81/08 dove viene indicato esplicitamente:

“Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.”

Inoltre l’art. 190 del D.lgs. 81/08 obbliga il datore di lavoro a valutare il livello di esposizione giornaliero al rumore di tutti i suoi lavoratori (se necessario anche attraverso misurazioni fonometriche) e a redigere il relativo documento di valutazione dei rischi indicando in esso, oltre che il numero di lavoratori esposti ed il livello di esposizione per ciascuna mansione individuata, anche le misure di prevenzione e di protezione adottate per tutelare i lavoratori contro le malattie o gli infortuni dovuti alla presenza di rumore negli ambienti di lavoro oltre il limite consentito e, eventualmente, i dispositivi di protezione individuale previsti per limitare il rischio di esposizione.
La valutazione del rischio deve essere aggiornata con cadenza almeno quadriennale e aggiornata qualora avvengano mutamenti che potrebbero averla resa obsoleta o quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione.

La Valutazione del Rischio da Esposizione a Vibrazioni

Dal primo gennaio 2009 la valutazione del rischio vibrazioni deve essere eseguita secondo il Decreto legislativo 81/2008 e s.m.i. e il rischio vibrazioni deve essere valutato in base alla parte del corpo che subisce tale fenomeno fisico: si hanno dunque esposizioni trasmesse al sistema mano-braccio e al corpo intero”. Una volta determinato il livello di esposizione cui sono soggetti i lavoratori che fanno uso di macchine o attrezzature che producono vibrazioni, il decreto prevede i “concetti di valore d’azione e di valore limite d’esposizione”: se vengono superati deve scattare ”l’azione”, cioè “l’attivazione delle procedure e delle misure di prevenzione e protezione, compresa la sorveglianza sanitaria”. Il D.lgs. 81/2008 e s.m.i. individua come metodo di riferimento per determinare i valori di accelerazione necessari al calcolo dei valori d’azione e limite sopracitati la misurazione attraverso opportuni strumenti di misura (accelerometri), tuttavia la “stessa norma prevede l’utilizzo di banche dati del Portale degli Agenti Fisici o, in assenza di dati utilizzabili relativi alle macchine o al loro uso, dei dati forniti dal fabbricante dell’attrezzatura considerata. Il ricorso alle misurazioni è comunque indispensabile qualora non risultino adattabili i valori presenti nelle banche dati autorizzate dalla norma”.
La valutazione del rischio deve essere aggiornata con cadenza almeno quadriennale e aggiornata qualora avvengano mutamenti che potrebbero averla resa obsoleta o quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione.

La Valutazione del Rischio da Esposizione a Radiazioni Ottiche Artificiali (ROA)

Per radiazioni ottiche artificiali (R.O.A.) si intendono radiazioni con lunghezza d’onda compresa tra 100 nm e 1 mm, ossia quelle con lo spettro compreso tra le radiazioni ultraviolette (UVA, UVB e UVC), le radiazioni infrarosse (IR) e le radiazioni ottiche visibili. La Valutazione del Rischio da radiazioni ottiche artificiali è in vigore dal 26 aprile 2010, data nella quale è entrato in vigore il Capo V del Titolo VIII del D.lgs. 81/2008 che recepisce la direttiva europea 2006/25/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (di cui fanno parte anche le radiazioni ottiche artificiali). Ai sensi dell’art. 216 del Capo V del Titolo VIII del D.lgs. 81/2008 il Datore di Lavoro ha l’obbligo di valutare e, quando necessario, misurare e/o calcolare, i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori e, successivamente, di redigere il relativo documento di valutazione. La metodologia seguita nella valutazione, nella misurazione e/o nel calcolo, deve rispettare le norme della Commissione elettrotecnica internazionale (IEC), per quanto riguarda le radiazioni laser, e le raccomandazioni della Commissione internazionale per l’illuminazione (CIE) e del Comitato europeo di normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme e raccomandazioni, e fino a quando non saranno disponibili norme e raccomandazioni adeguate dell’Unione Europea, il datore di lavoro adotta le buone prassi individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro o, in subordine, linee guida nazionali o internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai fabbricanti delle attrezzature, se contemplate da pertinenti Direttive comunitarie di prodotto. Nella valutazione bisogna tenere principalmente conto dei livelli di radiazioni ottiche artificiali a cui i lavoratori sono esposti con particolare riguardo agli eventuali effetti nocivi su occhi e cute e aggiornare il documento di Valutazione dei Rischi integrandolo con gli esiti della valutazione e delle misure di prevenzione e protezione adottate.

I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono riportati nell’Allegato XXXVII, parte I, mentre i valori limite di esposizione per le radiazioni laser sono riportati nell’Allegato XXXVII, parte II.

Il riesame dei rischi derivanti dall’esposizione a radiazioni ottiche artificiali deve essere effettuato almeno ogni 4 anni o comunque quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. Per le sorgenti ROA, classificate come “giustificabili” (illuminazione standard per uso domestico e d’ufficio, fotocopiatrici, monitor dei pc, cartelli luminosi che emettono radiazione laser classificate in classe 1 e 2 secondo lo standard IEC 60825-1), NON è necessario effettuare la valutazione dettagliata del rischio con misurazioni sul campo, ma è obbligatoria la redazione del documento che attesti il censimento e la classificazione delle stesse.

La valutazione del Rischio da Esposizione a Campi Elettromagnetici (CEM)

Il rischio derivante dall’esposizione a campi elettromagnetici fa parte della categoria dei rischi derivanti dalla esposizione ad agenti fisici. L’articolo a cui occorre fare riferimento è l’art. 180 del D.lgs. 81/08 dove viene indicato esplicitamente:

“Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.”

Inoltre l’art. 209 del D.lgs. 81/08 obbliga il datore di lavoro a valutare e quanto necessario a misurare o calcolare i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori.

“La valutazione, la misurazione, il calcolo e la successiva redazione del relativo documento rischi devono essere effettuati in conformità alle norme europee standardizzate del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC). Finché le citate norme non avranno contemplato tutte le pertinenti situazioni, il datore di lavoro adotta le specifiche buone prassi individuate e emanate dalla Commissione. Ciò vale per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, o, in alternativa, quelle del Comitato Elettrotecnico italiano (CEI), tenendo conto, se necessario, dei livelli di emissione indicati dai fabbricanti delle attrezzature”.

In particolare, i campi elettrici e magnetici a bassa frequenza creano nel corpo umano delle correnti indotte, mentre nel caso dei campi ad alta frequenza l’energia elettromagnetica viene assorbita dai tessuti. E’ poi dissipata come calore, con un aumento della temperatura generale o locale, a seconda che venga esposto l’intero corpo o solo alcuni organi. In ogni caso è bene mettere in conto che un campo elettromagnetico provoca sempre e comunque una risposta dell’organismo umano. Il problema che si pone è quello di determinare se queste risposte costituiscano o meno un pericolo per la salute. In questo senso è importante distinguere tra effetti biologici e effetti di danno alla salute (o effetti sanitari). Secondo quanto detto dall’OMS, un effetto di danno alla salute si verifica quando l’effetto biologico è al di fuori dell’intervallo in cui l’organismo può normalmente compensarlo. Ciò porta a qualche condizione di detrimento della salute.

Nel relativo documento di valutazione dei rischi andranno indicati, oltre che il numero di lavoratori esposti ed il livello di esposizione per ciascuna mansione individuata, anche le misure di prevenzione e di protezione adottate per tutelare i lavoratori contro le malattie o gli infortuni dovuti alla presenza di campi elettromagnetici negli ambienti di lavoro oltre il limite consentito e, eventualmente, i dispositivi di protezione individuale previsti per limitare il rischio di esposizione.

La valutazione del rischio deve essere aggiornata con cadenza almeno quadriennale o qualora avvengano mutamenti che potrebbero averla resa obsoleta oppure quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione.

La Valutazione del Rischio da Microclima negli Ambienti di Lavoro

Il D.lgs. 81/08 e s.m.i. nell’Allegato IV comma 1.9 stabilisce i requisiti minimi che devono avere i locali aziendali al fine di garantire un comfort microclimatico degli ambienti di lavoro o meglio il benessere termo igrometrico dei lavoratori. E’ infatti obbligo del Datore di Lavoro redigere un apposita valutazione dei rischi derivanti dal microclima presente nei luoghi di lavoro in modo da garantire sia una salubrità dell’aria degli ambienti chiusi e/o sotterranei (questi ultimi utilizzabili come locali di lavoro solo con deroga rilasciata dall’ASL competente) attraverso l’areazione naturale o forzata dei locali, sia un adeguato comfort termico tenendo sotto controllo temperatura e umidità degli stessi. Le normative europee di riferimento per ciò che concerne la valutazione di un corretto microclima negli ambienti di lavoro sono la UNI EN ISO 7730, UNI EN 27243 e la UNI EN ISO 11079. Valutazione analoga va fatta anche nei cantieri edili, infatti il D.lgs. 81/08 e s.m.i. all’art. 96 comma 1 lettera d) obbliga i Datori di Lavoro a curare la protezione dei propri lavoratori contro le influenze atmosferiche che possono compromettere la loro salute e la loro sicurezza.

La Valutazione del Rischio da una non corretta Illuminazione

il D.lgs. 81/08 e s.m.i. nell’Allegato IV comma 1.10 stabilisce i requisiti minimi che devono averi gli ambienti di lavoro per ciò che concerne l’illuminazione dei locali. Secondo quanto definito dalla norma, infatti, è obbligo del Datore di Lavoro provvedere alla valutazione del rischio illuminazione nei luoghi di lavoro predisponendo, successivamente, una opportuna illuminazione degli stessi. Gli aspetti fondamentali per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in tema di illuminazione degli ambienti di lavoro si basano sulla necessità di garantire ai dipendenti la corretta visione dell’oggetto su cui si sta lavorando, evitando così anche l’assunzione di posture errate, secondo i principi base dell’ergonomia. Pertanto, il documento di valutazione dei rischi dovrà contenere una specifica parte in cui saranno analizzati tutti i possibili rischi presenti al fine di accertare che i livelli di illuminazione degli ambienti di lavoro siano conformi ai requisisti di illuminamento richiesti dalla norma UNI 12464-1 emanata dall’Unione Europea nel 2004, in modo da definire i livelli di confort visivo e di sicurezza da garantire a tutela dei propri lavoratori.

La Valutazione del Rischio da Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC)

Per movimentazione manuale dei carichi si intendono tutte le operazioni di sollevamento, spinta, traino, trasporto e sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari, patologie delle strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari (art. 167 del D.lgs. 81/08 e s.m.i.). Il D.lgs. 81/08 e s.m.i. impone al Datore di Lavoro la valutazione di tale specifico rischio attraverso la redazione di un documento in cui venga valutato il livello di esposizione dei lavoratori in funzione dei carichi movimentati e le misure adottate per ridurre al minimo il rischio.
A livello aziendale
il Datore di Lavoro deve, inoltre, prendere tutti gli accorgimenti e le misure necessarie volte a far ricorso alla movimentazione manuale dei carichi solo nelle circostanze in cui non se ne può fare a meno e anche in questo frangente il Datore di Lavoro dovrà prendere tutti gli accorgimenti adatti alla salvaguardia della salute dei lavoratori interessati come, per esempio: dividere, se possibile, il carico, ridurre frequenza di movimentazione, migliorare l’ergonomia della postazione di lavoro. Il lavoratore dovrà, inoltre, essere debitamente formato e informato circa i rischi che comporta la movimentazione manuale di un carico e circa le procedure da adottare per una corretta movimentazione. Inoltre se dalla valutazione del rischio se ne riscontrasse la necessità il Datore di Lavoro deve garantire la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

La Valutazione del Rischio da Movimenti Ripetuti e Sovraccarico Biomeccanico degli Arti Superiori

Nel caso le attività presenti in azienda comportino delle operazioni che prevedono movimenti e/o sforzi ripetuti è necessario effettuare una specifica valutazione del rischio. Infatti, la ripetitività di un movimento o di uno sforzo (in particolare per gli arti superiori) può determinare un sovraccarico biomeccanico degli arti superiori (SBAS) con la conseguenza di traumi e infortuni da sforzo e di microtraumi che si ripetono nel tempo con effetto cumulativo (patologie muscolo scheletriche). È dunque obbligo del Datore di Lavoro valutare tale rischio ed eventualmente apportare le giuste modifiche all’organizzazione produttiva per ridurlo al minimo.

Per la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico da movimenti ripetuti degli arti superiori si può utilizzare il metodo OCRA che mette in relazione i fattori di rischio sotto riportati con la durata dell‘intero tempo netto di lavoro ripetitivo:

  • frequenza di azione elevata;
  • uso eccessivo di forza;
  • posture e movimenti degli arti superiori incongrui e/o stereotipati;
  • carenza di periodi di recupero adeguati.
A questi fattori vanno poi aggiunti altri fattori complementari del rischio, considerati amplificatori del rischio (ad esempio uso di attrezzature vibranti, forma degli utensili, compressioni localizzate su strutture anatomiche della mano e dell’avambraccio dagli strumenti usati, ecc.).

In definitiva, il metodo OCRA, basandosi sugli approcci predisposti dalla norma ISO 11228-3, analizza ciascun fattore di rischio singolarmente per poi riunirli tutti in un’unica formula che permetterà di valutare il risultato ottenuto e quindi provvedere, in fase di progettazione o riprogettazione dei posti di lavoro e dei compiti lavorativi, ad una riduzione o eliminazione di elementi che possano esporre i lavoratori a rischio da sovraccarico biomeccanico.

La Valutazione del Rischio derivante dalla formazione di Atmosfere Esplosive (ATEX)

Il D.lgs. 81/08 all’Art. 290 impone che il Datore di Lavoro valuti i rischi da atmosfere esplosive per la presenza di gas o polveri combustibili all’interno dei luoghi di lavoro (tale obbligo è stato introdotto dal D.lgs. 233/03, recepimento delle direttive europee 89/391/CEE, 94/9/CE e1999/92/CE). Pertanto ogni qualvolta si rilevi in azienda la presenza di sostanze che possono dare origine ad una atmosfera esplosiva, risulta necessario effettuare la valutazione dei rischi secondo le indicazioni contenute nel D.lgs. 81/08 stesso. Lo stesso art. 290 prescrive al Datore di Lavoro di effettuare la valutazione dei rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
  • probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive;
  • probabilità della presenza e dell’attivazione di fonti di ignizione;
  • caratteristiche dell’impianto, sostanze utilizzate, processo e possibili interazioni tra questi fattori;
  • entità degli effetti prevedibili.

Pertanto, al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori e secondo i principi fondamentali della valutazione dei rischi e quelli di cui all’Art. 289 (evitare l’accensione di atmosfere esplosive e attenuare gli effetti pregiudizievoli di un’esplosione), il datore di lavoro prende i provvedimenti necessari affinché:

  • dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di altri, gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza;
  • negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la presenza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio, mediante l’utilizzo di mezzi tecnici adeguati.
Inoltre è sempre compito del Datore di Lavoro tenere aggiornato un “documento sulla protezione contro le esplosioni’’ che deve precisare:
  • che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;
  • che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori esposti al rischio da atmosfere esplosive;
  • quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all’Allegato XLIX;
  • quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all’Allegato L.
  • che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza;
  • che, ai sensi del Titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti per l’impiego sicuro di attrezzature di lavoro.

Tale documento deve essere compilato prima dell′inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro, le attrezzature o l′organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.

La Valutazione del Rischio derivante da Fulminazione

L’art. 29 del D.lgs. 81/08 fa carico al Datore di Lavoro di valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, compreso ovviamente il rischio dovuto al fulmine e tale obbligo prescinde dalle dimensioni e dalla natura, metallica o non metallica, della struttura (distinzione presente nel D.P.R. 547/55 oggi non più in vigore); l’art. 84 dello stesso decreto 81/08 corretto poi dal D.lgs. 106/09, recita:

“Il datore di lavoro provvede affinché gli edifici, gli impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti dei fulmini secondo le norme tecniche”.

La norma CEI EN 62305 – 2 è lo strumento che il datore di Lavoro ha a disposizione per verificare l’auto protezione di una struttura nei confronti delle scariche atmosferiche, effettuando una specifica valutazione dei rischi:

  • per i nuovi edifici si utilizza la suddetta norma per effettuare la valutazione del rischio di fulminazione;
  • per gli edifici esistenti, nei quali la valutazione del rischio di fulminazione era già stata effettuata in base alle norme tecniche precedenti, “il datore di lavoro dovrà effettuare nuovamente la valutazione in conformità alla norma CEI EN 62305 – 2 e se necessario dovrà individuare e realizzare le misure di protezione necessarie a ridurre il rischio a valori non superiori a quello ritenuto tollerabile dalla norma CEI EN 62305 – 2 stessa”.

Le principali misure di protezione dal rischio derivante da fulminazione sono:

  • l’impianto di protezione contro i fulmini (LPS) la cui realizzazione va eseguita in conformità alla norma CEI EN 62305-4;
  • un sistema di SPD realizzato in conformità alla norma CEI EN 62305-4.

In particolare l’impianto di protezione LPS (Lighting Protection System) è l’impianto completo usato per ridurre il danno materiale dovuto alla fulminazione diretta della struttura, mentre il Limitatore di sovratensioni SPD (Surge Protective Device) è il dispositivo per limitare le sovratensioni e deviare le sovracorrenti.

La Valutazione del Rischio da Interferenze (DUVRI)

Il D.lgs. 81/08 all’Art. 26 comma 3 impone che il Datore di Lavoro committente, nel caso decidesse di affidare lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, promuova la cooperazione volta all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro e il coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva. Per adempiere a tale obbligo sarà, pertanto, necessario che il Datore di Lavoro committente elabori un Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze in cui indichi tutte le misure adottate per eliminare, o quanto meno ridurre, le interferenze in caso di contratto d’appalto o contratto d’opera.
In altri termini il D.U.V.R.I. dovrà essere elaborato, in caso di interferenze (ovvero di contatti pericolosi), qualora un’impresa esterna intervenga nell’unità produttiva del committente per effettuare lavori di manutenzione, fornitura di prestazioni d’opera e servizi o installare cantieri temporanei non soggetti all’obbligo di stesura del Piano di sicurezza e coordinamento.
Sono esclusi dal campo di applicazione del D.U.V.R.I. gli interventi configurabili come prestazioni intellettuali e le semplici attività di consegna di materiali o attrezzature. Resta comunque l’obbligo, in capo al datore di lavoro committente, di verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa, di promuovere la cooperazione ed il coordinamento ai fini della sicurezza e di fornire ai lavoratori dell’impresa appaltatrice dettagliate informazioni circa i rischi specifici presenti nel luogo in cui sono destinati ad operare e circa le misure di prevenzione ed emergenza adottate in relazione alla propria attività.